Non bastano i primi tre mesi di vita a determinare la residenza abituale di un minore. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 32194.

Un bambino di pochi mesi, nato a Cordoba in Spagna nell’agosto 2021, dall’unione tra un cittadino spagnolo e una italiana (che si trovava in Spagna in quanto studentessa nell’ambito del progetto Erasmus), tre mesi dopo il parto, una volta cessata la relazione fra i genitori, era stato portato dalla mamma in Sardegna.

Il Tribunale per il minorenni di Sassari aveva disposto il ritorno immediato in Spagna del bambino sul presupposto che in tale nazione aveva trascorso i primi mesi di vita.

Ma la Prima sezione civile della Cassazione ha cassato il provvedimento ed ha disposto che il piccolo deve vivere in Italia in quanto deve essere adeguatamente valutato “il fattore, rilevante, rappresentato dalla tenerissima età del minore ai fini della determinazione della residenza abituale dello stesso, avente carattere di stabilità ed effettività”. Parimenti deve essere dato il corretto peso “all’asserita assenza di rapporti del minore e della madre, che lo accudisce, con la Spagna”. La madre, infatti, era arrivata nel Paese nell’ambito del Progetto Erasmus non vi aveva mai lavorato, né stabilito “legami significativi”, al di fuori della ormai conclusa relazione sentimentale. Non solo, aveva riferito di avere partorito in Spagna prematuramente, essendo seguita dal proprio ginecologo in Italia, e di avere convissuto, con il padre del bambino, in casa della madre di lui, solo un mese.

In definitiva, per la Cassazione, in tema di sottrazione internazionale di minori, va affermato il seguente principio di diritto: «Quando un bambino, in condizione non scolare, nei primi mesi di vita, sia effettivamente custodito dalla madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, ai fini dell’individuazione della “residenza abituale” del minore, concetto idoneo ad integrare il presupposto della fattispecie sottrattiva, occorre fare riferimento all’ambiente sociale e familiare e alla cerchia delle persone da cui lo stesso minore dipende e che egli necessariamente condivide, come rilevato dalla giurisprudenza eurounitaria».

«Ai fini dell’accertamento di tale residenza abituale, occorre prendere in considerazione, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del pregresso soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall’altro, le relazioni familiari e sociali effettivamente intrattenute da quest’ultima e dal minore, con essa convivente, nel medesimo Stato membro, verificando se, al momento in cui è stato adito il giudice, la madre e il minore, che dipende da quest’ultima, fossero presenti in modo stabile nel territorio di quello Stato e se, in considerazione della sua durata, della sua continuità, delle sue condizioni e ragioni, tale soggiorno denoti una apprezzabile integrazione del genitore in questione in un ambiente sociale, perciò condiviso con il minore, pur non potendosi trascurare l’altro genitore con cui il minore mantenga contatti regolari».Minore conteso