Ad oggi, la convivenza di fatto, instaurata dall’ex coniuge, fa cessare, definitivamente, il diritto a percepire l’assegno di divorzio.

Numerose sentenze della Corte di Cassazione, nel corso degli anni, hanno portato al consolidamento del suddetto principio, specificando come «l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore e il modello di vita, caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza ma resta definitivamente escluso».

Questo perché la convivenza instaurata dall’ex coniuge, sottolinea ad esempio l’ordinanza 28915/2020 della Cassazione, «è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e quindi esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo». 

Peraltro l’ordinanza 18111/2017 della Cassazione ha anche precisato come non assuma rilievo la successiva cessazione della convivenza di fatto una volta che questa sia stata intrapresa dall’ex coniuge beneficiario dell’assegno.

In buona sostanza si può dunque affermare come la convivenza more uxorio sia causa estintiva del diritto a ottenere l’assegno divorzile e sia di conseguenza causa sufficiente per ottenere, con il necessario giudizio di modifica, la statuizione di cessazione dall’obbligo di versare l’assegno.

Si segnala tuttavia come la revisione dei criteri di attribuzione dell’assegno divorzile con l’abbandono del principio del “tenore di vita” – decisa dalla Cassazione a Sezioni unite con la pronuncia 18287/2018 – ha portato i Supremi giudici, con l’ordinanza interlocutoria 28995 del 17 dicembre 2020 della Prima Sezione, a considerare necessario un nuovo intervento delle Sezioni unite, anche in riferimento all’effetto estintivo della convivenza more uxorio sul diritto a percepire un contributo divorzile.

Sempre il 17 dicembre 2020 la Cassazione ha reso nota una nuova possibilità di lettura delle norme di legge. Nei fatti, la Prima sezione civile, con l’ordinanza interlocutoria 28995, ha osservato che occorre considerare la funzione compensativa dell’assegno divorzile per adattare i criteri della sua attribuzione al nuovo assetto interpretativo inaugurato dalle Sezioni unite con la sentenza 18287 del 2018 impongano.

In particolare, si è osservato come sia necessario dare all’assegno divorzile una lettura che riconosca «all’ex coniuge, economicamente più debole, un livello reddituale adeguato al contributo fornito all’interno della disciolta comunione, nella formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge». Secondo tale pronuncia in particolare «il principio di autoresponsabilità destinato a valere in materia» per il nuovo orientamento introdotto dalle Sezioni unite con la sentenza 18287/2018 «non può escludere e per intero il diritto all’assegno divorzile là dove il beneficiario abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo». Piuttosto, il principio «merita una differente declinazione più vicina alle ragioni della concreta fattispecie e in cui si combinano la creazione di nuovi modelli di vita con la conservazione di pregresse posizioni, in quanto, entrambi, esito di consapevoli e autonome scelte della persona». Si potrebbe quindi ritenere che resti il diritto all’assegno di divorzio nella sua natura compensativa; e il giudice di merito avrebbe il compito di modulare l’assegno se la convivenza si rivelasse poi migliorativa per le condizioni economico-patrimoniali del beneficiario.

Alle Sezioni unite, quindi, si chiede di stabilire se, una volta iniziata una convivenza di fatto, il diritto dell’ex coniuge all’assegno divorzile si estingua automaticamente o se, invece, siano possibili altre scelte interpretative che valorizzino la funzione compensativa dell’assegno e il contributo dato dal beneficiario al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge.