Di recente il Ministero dell’interno ha emanato una circolare, la numero 6/2015, poco gradita all’Associazione italiana avvocati per la famiglia, tanto da indurla a ricorrereavanti al Tar del Lazio.

In particolare, con riferimento al divorzio breve, si affermava che nell’accordo raggiunto davanti al sindaco potessero essere fatte rientrare anche le previsioni relativeall’assegno di mantenimento.

Con la sentenza numero 7813/2016 del 7 luglioil giudice amministrativo ha deciso di accogliere le doglianze dell’associazione.

L’articolo 12, comma 3, terzo periodo, del decreto legge n. 132/2014, infatti, esclude che nel predetto accordo possano essere inseriti patti di trasferimento patrimoniale e in effetti, con la precedente circolare n. 19/2014, il Ministero dell’interno aveva chiarito che tutte le clausole patrimoniali (da quella relativa alla casa coniugale a quella relativa all’assegno di mantenimento) dovessero restare fuori dall’accordo raggiunto dinanzi al sindaco.

Per il Tar, il predetto dicastero con la sua più recente inversione di rotta ha errato nel tentare di operare un distinguo e ricondurre così ai patti di trasferimento patrimoniale che impediscono l’accordo dinanzi all’ufficiale di stato civile solo la previsione di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno unatantum.

Infatti, la portata della norma primaria è ampia e omnicomprensiva e abbraccia tutte le ipotesi di trasferimento patrimoniale:sia che si tratti di beni individuati, sia che si tratti di somme di denaro trasferite una tantum.La questione non cambia: c’è comunque un accrescimento patrimoniale del soggetto che li riceve.

Orbene, se dall’ambito applicativo dell’art. 12 del decreto legge n. 132/2014 non fosse stata esclusa l’ipotesi di patti di trasferimento patrimoniale la tutela del soggetto più debole della coppia sarebbe stata senza dubbio compromessa.

Insomma usando le parole del Tar, “solo un’interpretazione letterale della norma assicura la tutela del soggetto debole, che, nel caso contrario, potrebbe essere di fatto “costretto” ad accettare condizioni patrimoniali imposte dalla controparte più “forte”.