Cosa accade quando una coppia separata intende riconciliarsi? È necessario qualche particolare formalismo? La semplice ripresa della coabitazione fa caducare gli effetti della separazione?

In Italia la separazione può cessare o qualora i coniugi dichiarino espressamente di volersi riconciliare o quando pongano in essere comportamenti incompatibili con lo status di separati.

L’art 157 del codice civile prevede che i coniugi possano far cessare di comune accordo gli effetti della separazione con una “espressa dichiarazione”.

Questa dichiarazione, pur non richiedendo la forma dell’atto pubblico, deve sottostare a “…esigenze di certezza riconducibili non solo all’interesse delle parti, ma anche agli innegabili riflessi pubblicistici riconosciuti dall’ordinamento all’istituto familiare”. Dunque detta dichiarazione deve possedere requisiti formali atti a renderla non equivoca e verificabile in qualunque momento.

Una pubblicità che può ritenersi idonea a raggiungere lo scopo è senz’altro la sua iscrizione e conservazione tra gli atti dello stato civile.

Non mancano tuttavia opinioni difformi che hanno ritenuto la riconciliazione, più che un accordo, un fatto giuridico, in quanto in tal modo più coerente con l’intero sistema del diritto familiare. La dichiarazione espressa non potrebbe conseguentemente andare disgiunta dalla compresenza di concreti elementi fattuali atti a testimoniare la sua valenza reale e non meramente astratta6, salvo casi di forza maggiore in cui l’effettiva ripresa della convivenza non si sia verificata per motivi non addebitabili alla volontà dei coniugi.

Si ammette poi che la riconciliazione possa anche manifestarsi con un comportamento dei coniugi (obiettivamente) incompatibile con gli effetti della separazione.

L’ipotesi di riconciliazione più frequente si verifica con l’effettivo ripristino della vita coniugale mediante la ripresa dei rapporti materiali e spirituali che caratterizzano il consorzio familiare. Ciò si verifica quando sia stato ricostruito l’intero complesso dei rapporti che caratterizzano il vincolo coniugale, e quindi sia intervenuto il ripristino non solo di quelli che concernono l’aspetto materiale del matrimonio, ma anche di quelli che sono alla base della intesa spirituale dei coniugi.

L’accertamento della intervenuta riconciliazione dovrà ancorarsi ad elementi esteriori oggettivi diretti a dimostrare la seria e comune volontà di ripristinare la comunione di vita, a prescindere da irrilevanti riserve mentali11: l’elemento oggettivo, da cui è possibile desumere la ricostituzione del nucleo familiare, prevale sul mero elemento psicologico12.

Consegue che non costituisce riconciliazione la ripresa della convivenza, in via sperimentale e per un breve periodo, senza una chiara ed effettiva volontà di ripristinare la vita coniugale.

Non interrompono la separazione le manifestazioni di buona volontà da parte di un coniuge con doni, elargizioni di denaro ed esecuzione di opere nella casa coniugale, né il fatto che il marito, pur vivendo in un’altra città e con un’altra donna, torni in famiglia per i fine settimana provvedendo, in tali occasioni, con la moglie, al menàge domestico ed all’educazione dei figli.

Non ha ugualmente effetto riconciliativo la riunione dei coniugi durante i fine settimana ed in occasione delle vacanze19, così come che la convivenza – seppur connotata dei caratteri materiali e spirituali caratteristici del matrimonio – per un breve periodo di tempo in conseguenza dello stato di detenzione domiciliare di uno dei coniugi. Allo stesso modo, l’assistenza prestata attraverso visite giornaliere al coniuge separato bisognoso di cure non comporta la ricostituzione della comunione spirituale e materiale tra i coniugi, intesa – per l’aspetto spirituale – come animus di riservare al coniuge la posizione di esclusivo compagno di vita e di adempiere ai doveri coniugali.

Non rappresenta ripristino della vita coniugale nemmeno una sporadica ripresa dei rapporti sessuali, anche con conseguente nascita di un figlio, né la convivenza dei coniugi nella stessa casa, di proprietà del marito, in camere da letto diverse, e la corresponsione da parte di quest’ultimo alla moglie di somme di denaro, dopo la sentenza di separazione, trattandosi di circostanze che non dimostrano di per sé il ripristino del consortium vitae.

Il Tribunale di Napoli ha ravvisato il ripristino del consorzio familiare qualora si verifichino – congiuntamente – la convivenza coniugale con l’uso dei servizi che essa offre nella sua quotidianità, i rapporti sessuali, i ricevimenti di amici comuni nella propria abitazione, le visite agli amici comuni, il soggiorno in località di vacanza, le preoccupazioni e le attenzioni per la salute dell’altro coniuge.

Di analogo tenore le conclusioni del Tribunale di Monza, che ha ritenuto ravvisabile la riconciliazione nelle vacanze trascorse dai coniugi unitamente al loro cane, nell’acquisto comune di una lavatrice, nelle telefonate che dall’utenza fissa casalinga effettuate sul cellulare della moglie, nell’aver sottoscritto un coniuge, in qualità di testimone, il verbale di consegna della salma del suocero.

Il fatto che il marito, alla ripresa della convivenza, avesse in corso relazioni extraconiugali, delle quali non risulti che la moglie avesse conoscenza, non impedisce di ritenere intervenuta la riconciliazione quando questa sia desumibile da un accenno di elementi univocamente significativi dell’intervenuta restaurazione del rapporto coniugale.
È stata ritenuta raggiunta la prova dell’intervenuta riconciliazione all’intento dei coniugi di creare, per un apprezzabile periodo di tempo, una situazione meramente apparente onde celare la separazione ai genitori della moglie e l’esistenza di una relazione extraconiugale che il marito intratteneva con un’altra donna.

Qualora sia già stata pronunciata sentenza di separazione giudiziale, o omologata quella consensuale, in caso di successiva riconciliazione, vengono a cessare gli effetti della separazione medesima.

La riconciliazione comporta il ripristino dei doveri coniugali, sia di natura personale (art. 143, comma II, c.c.), tra cui la presunzione di concepimento in costanza di matrimonio37, che patrimoniali (art. 143, comma III, c.c.).

Rivive, dal momento dell’effettiva riconciliazione, la comunione legale dei beni, senza necessità di una specifica convenzione matrimoniale.

Tra i profili patrimoniali conseguenti alla riconciliazione non devono dimenticarsi quello che si ripercuotono su una eventuale, successiva separazione. Si pensi al caso in cui, in una precedente separazione cui abbia fatto seguito la riconciliazione, un coniuge abbia ricevuto una somma una tantum per il soddisfacimento dei suoi diritti: il giudice della (successiva) separazione, dovendo decidere su una richiesta di assegno di mantenimento, dovrà esaminare di nuovo il punto, “…tenendo conto della effettiva consistenza delle situazioni economico-patrimoniali del coniugi e – quindi – anche delle disponibilità esistenti che siano state acquisite per effetto della precedente separazione”.

La legge 898/1970 (che ha introdotto il divorzio in Italia) prevede espressamente come l’eventuale interruzione della separazione deve “…essere eccepita da parte convenuta”.
Consegue ovviamente a tale soluzione che spetterà al convenuto provare la cessazione o l’interruzione dello stato di separazione, mentre l’attore non si deve fare carico della prova negativa dell’assenza di eventuali interruzioni, essendo sufficiente a quest’ultimo produrre il provvedimento dell’autorità giudiziaria (sentenza o decreto di omologazione della separazione).