Dopo l’entrata in vigore della normativa che ha introdotto l’affido condiviso (Legge 54 del 2006), tale tipologia di affido rappresenta la scelta ordinaria e prevalente del Giudice. Ciò (almeno in teoria) al fine di tutelare il diritto di un figlio a conservare un rapporto solido e strutturato con entrambi i genitori.

Sussistono poi delle situazioni residuali di fronte alle quali il Giudice, sempre nel precipuo interesse del minore, può optare per il regime di affido esclusivo.

Esiste poi una peculiare figura di affido chiamato SUPER ESCLUSIVO che si colloca al gradino più elevato di tutela ed insieme di residualità.

Il regime esclusivo, infatti, lascia comunque in capo al genitore non affidatario la possibilità di adottare, insieme al genitore affidatario, le decisioni di maggiore importanza per la prole. Tale possibilità, nel regime di affido super esclusivo, viene meno.

Tale particolare regime di affido non presenta affinità con la diversa figura della decadenza dalla responsabilità genitoriale. Tale istituto è espressamente disciplinato dall’art. 316 del codice civile ai sensi del quale “Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore.

In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio.

Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.

Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio”.

Una volta accertato in giudizio il clima di grave conflittualità familiare vissuto dai minori, connotato da rabbia, sfiducia e paura ricondotte dagli stessi prevalentemente al comportamento di uno solo dei genitori, è legittima la scelta del giudice di fare ricorso al cosiddetto affidamento super esclusivo, pur senza pronunciare la decadenza genitoriale dell’altro genitore. Ad affermarlo è stata sul finire del 2020 la Cassazione (ordinanza n. 29999/20), che ha sottolineato la possibilità per il giudice di adottare i provvedimenti che in concreto si rivelino più adatti.

Purtroppo, come spesso accade, la vicenda da cui trae origine la pronuncia è una triste storia familiare, caratterizzata da un cronico conflitto genitoriale, nella quale a fare le spese della perenne tensione erano i due figli della coppia. In particolare, la posizione più delicata nei confronti dei minori era assunta dalla madre, la quale presentava «difficoltà a sintonizzarsi con i figli» ed «a comprendere i loro bisogni», nonché a capire i propri errori nella crisi di coppia, al punto tale che i figli «avevano individuato il padre come parte debole, propendendo a prendere le sue parti senza che fosse emerso un condizionamento paterno».
La situazione veniva posta all’attenzione dei giudici, i quali pronunciavano la decadenza della responsabilità genitoriale della madre e affidavano in via esclusiva i figli al padre, attribuendogli altresì l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale per tutte le questioni afferenti ai minori, lasciando a quest’ultimi la decisione di incontrare o meno la madre.
Tale drastica decisione veniva in parte ridimensionata in appello, ove i giudici ritenevano non sussistenti gli elementi per fondare l’adozione di un provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale. La corte territoriale riteneva però validi e provati gli elementi per attribuire al padre l’affidamento rafforzato, «che pur non privando la madre della responsabilità genitoriale, conferiva all’altro genitore la possibilità di assumere da solo tutte le decisioni per i minori, anche in ordine alle questioni di maggiore importanza».

La decisione
La questione arriva, infine, all’attenzione della Cassazione, ove la madre contesta la decisione della Corte d’appello ritenendola contraddittoria, laddove, da un lato, nega la decadenza della responsabilità genitoriale della stessa e, dall’altro, attribuisce l’affidamento rafforzato al padre.
La Suprema Corte non riconosce però alcun profilo di illogicità nella scelta dei giudici di merito, avendo questi fatto corretta applicazione degli articoli 330, 333 e 337-quater del codice civile. Ebbene, afferma il Collegio, una volta accertato alla luce dell’istruttoria la situazione di grave e perenne crisi familiare, determinata in sostanza dall’ostilità della madre nei confronti del padre e dell’incapacità della donna di relazionarsi ai figli, il giudice ben può adottare tutti i provvedimenti che ritiene necessari, potendo anche «graduare le misure applicabili». In sostanza, il giudice sceglie le misure che in concreto si rivelino più adatte, anche facendo ricorso all’affidamento super esclusivo in favore di uno dei genitori, misura che non si pone in rapporto di consequenzialità rispetto alla declaratoria di decadenza genitoriale dell’altro.